Qualsiasi attività artigianale o industriale produce, durante le fasi di lavorazione, dei microinquinanti (polveri, fumi, vapori, ecc.) che si disperdono nell’aria degli ambienti di lavoro.
Alcuni inquinanti possono essere dispersi in ambiente di lavoro anche dove non siano previste lavorazioni specifiche (es. depositi o uffici) se sono comunque presenti particolari sorgenti quali materie prime estremamente volatili o manufatti contententi amianto.
La misurazione del livello di esposizione dei lavoratori ad inquinanti aerodispersi è una parte fondamentale, spesso trascurata, della valutazione dei rischi presenti in ambiente di lavoro prevista dal D.Lgs. 81/2008 .
La sola valutazione documentale è infatti insufficiente in quanto la legge prevede, qualora sia riscontrato un rischio rilevante per la sicurezza dei lavoratori o superiore a basso per la sicurezza dell’azienda, vari adempimenti tra cui la fornitura dei DPI, l’introduzione di sistemi di aspirazione localizzata o a ciclo chiuso, la ricerca di materie prime meno pericolose, la formazione e l’informazione specifica degli addetti e il monitoraggio periodico dei livelli di esposizione ad agenti chimici e cancerogeni.
La presenza dell’inquinamento da sostanze chimiche nell’ambiente di lavoro può divenire, a seconda della concentrazione raggiunta dagli inquinanti nell’aria respirata dai lavoratori, di notevole rischio nei confronti del personale esposto.
I lavoratori, infatti, rischiano:
– la possibilità di intossicazione acuta, quando vi è un innalzamento improvviso della concentrazione degli inquinanti nell’aria, superando la soglia di tossicità;
– la possibilità di malattie professionali, quando i lavoratori sono soggetti a prolungate esposizioni anche se a bassi livelli di sostanza inquinante.
Di conseguenza vi è la necessità di controllare periodicamente le condizioni di inquinamento di ogni ambiente di lavoro, per verificare e individuare la tipologia di inquinamento chimico presente e di valutarne le concentrazioni.